La chiesa della frazione Olmo

La chiesetta dell’Olmo, risale all’anno 1550  e fu costruita dagli abitanti della frazione a ricordo dell’anno santo. Fu dedicata a S. Margherita d’Antiochia (vergine e martire). La custodia della chiesetta fù affidata dal priore (monaco Olivetano) di S. Bernardo a due suoi monaci, che costruirono il loro cenobio (attualmente il bar della frazione) presso la chiesetta e comunicante con questa (ora la porta di comunicazione è stata murata). Con la soppressione di Napoleone (e forse anche prima) i monaci lasciarono la chiesetta e la parrocchiale, che passò alle dipendenze della Diocesi  Don  Peppino Bertoglio, nel 2003 ne  ha curato l’ultima ristrutturazione, con il benestare delle belle arti e con l’assistenza ai lavori dell’architetto Margherita Cerri.

 

Olmo in festa per il restauro della chiesa:
«Abbiamo conservato i segni del passato»
(articolo tratto dal quotidiano “Il Cittadino” del 7/4/2003)

 

 

 

 

 

Grande festa per la comunità dell’Olmo, frazione di circa 300 abitanti vicino a Lodi, per la restaurata cappella dedicata a Santa Margherita d’Antiochia. È stato il vescovo di Lodi monsignor Giacomo Capuzzi a benedire la restaurata chiesa venerdì sera davanti a centotrenta fedeli nonostante i posti a sedere siano al massimo circa un centinaio. «Benedico prima di tutto le persone di questa comunità – ha precisato il presule -, prima di aspergere con l’acqua benedetta le mura della cappella che risale a circa il 1550. Tra i presenti una buona rappresentanza del coro di San Bernardo (parrocchia di cui fa parte l’Olmo) che ha guidato i canti durante la celebrazione liturgica, il presidente del consiglio di zona Eugenio Cerri e don Oliviero Ferrari, collaboratore pastorale della parrocchia di San Bernardo e in particolare presso la comunità dell’Olmo dal 1969. Monsignor Capuzzi che ha ricordato di aver visitato l’ultima volta la comunità durante la visita pastorale del 1998 ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno operato per la ristrutturazione dell’edificio; in particolare per la dimostrazione delle capacità artigianali di muratori,  idraulici, elettricisti, falegnami, imbianchini. Ha chiesto inoltre di impegnarsi per la famiglia, “futuro della chiesa e della società” in una società che sta perdendo i veri valori umani che si fondono sul Vangelo.. . «Il progetto complessivo – ha spiegato l’architetto Margherita Cerri, responsabile del restauro – è il frutto di precisi  motivi ispiratori e scelte tecniche. C’ è stato lo sforzo di conservare quante più testimonianze lasciateci dal passato e ritengo non sia stato disatteso:  l’apparato murario è rimasto invariato, pur con tutte le sue “incongruenze” derivanti da demolizioni, sostituzioni, aggiunte, sottomurazioni; due capriate su tre sono originali, la terza – quella in prossimità dell’abside – è stata sostituita solo perché non più in grado di soddisfare i parametri statici; l’altare  ottocentesco, traslato sul fondo della minuscola abside, ha subito una percettibile ma doverosa sostituzione nelle parti costituenti il tabernacolo, completamente sbriciolatesi nella fase di rimozione; le tavelle in cotto che, nella loro meravigliosa gamma di colori e di impasto, fanno nuovo il “cielo” (come curiosamente veniva chiamato dai nostri antenati il soffitto), sono le medesime che lì stavano, occultate per decenni da un controsoffitto ». L’altare/tabernacolo traslato sul fondo della chiesa ha consentito in questo modo alla mensa lignea di avere idoneo spazio e la centralità all’interno del  presbiterio, alzato di un gradino di dodici centimetri rispetto al piano di calpestio dell’edificio ed avente andamento circolare. L’eliminazione del finto soffitto ha consentito di avere maggior respiro; per la copertura si sono riutilizzate le tavelle ed i coppi in cotto. «Non possiamo dimenticare chi si è prodigato per la comunità nel passato e per quelli che lo faranno da oggi – ha concluso don Bertoglio – e comunque per tutta la comunità rimarrà nella storia il 4 aprile 2003». Giacinto Bosoni